Questo discorso è ciclico e fa parte della crescita culturale del paese. La recentissima istituzione di una commissione per stabilire la qualità delle università telematiche fa parte dei grossi freni che storicamente questo paese ha sempre avuto nei confronti delle novità tecnologiche e, di conseguenza, nei confronti dell’eLearning. L’italiano medio “non si fida” di default, è sospettoso. E’ una vera e propria seconda ondata sulla qualità delle università telematiche. La prima si concluse con una lista di undici “elette”. Se volete saperne di più su questa storia legata alla qualità delle università telematiche, continuate a leggere.

A distanza di qualche tempo la storia torna sui suoi passi. E’ ciclica e ci tiene a farlo sapere. La qualità delle università telematiche italiane passa ancora una volta (o meglio, per l’ennesima volta) sotto la lente d’ingrandimento del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca. Secondo quanto riportato in questi giorni dal noto quotidiano Repubblica escono alla scoperta tutti i dubbi del neo ministro Maria Chiara Carrozza che, al fine di valutare la qualità dell’insegnamento che erogano le università telematiche del paese, ha comunicato la nomina di una “Commissione di studio sulle problematiche relative alle università telematiche italiane”. Il compito di questo pool di menti elette, creata dal Ministro, è quello “di formulare una serie di proposte di intervento per tutelare la qualità dell’offerta formativa delle università telematiche italiane”. La squadra dei paladini della qualità delle università telematiche italiane  è di tutto rispetto: ci sono Stefano Liebman professore ordinario di Diritto del Lavoro presso l’università commerciale “Luigi Bocconi” di Milano, Marco Mancini, rettore dell’università della Tuscia di Viterbo e Marcella Gargano, vice capo di gabinetto del Miur.
Ai posteri l’ardua sentenza. Per ora resta il fatto che grande attenzione è posta sulla qualità delle università telematiche italiane . Un po’ meno sul resto deel’istruzione.
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