È indubbio che ci sia in atto una guerra tra gli atenei tradizionali e quelli telematici. Senza neanche entrare nel merito delle parti accade che ogni giorno arrivano prove oggettive di quanto l’avvento di questo secondo tipo di università stia facendo bene al mercato. Un esempio pratico in tal senso è l’opportunità concreta che si ha di laurearsi in carcere. Grazie ad un click e alle video-lezioni la cultura riesce ad andare oltre le sbarre, non tanto quelle di acciaio quanto quelle culturali per colpa di cui spesso i detenuti stanno là. Se volete saperne di più sulla possibilità di laurearsi in carcere, continuate a leggere.

Come sempre accade in Italia ci si sveglia quando le cose già esistono da molto tempo. Qualche settimana fa il noto quotidiano Il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo in cui si faceva riferimento alla possibilità di laurearsi in carcere e cioè ad un progetto volto a coinvolgere i detenuti della Casa Circondariale di Rebibbia in una attività didattica che li conducesse al conseguimento di una laurea vera e propria. Citando testualmente il pezzo, si legge:

“È partito presso la Casa di Reclusione di Rebibbia il progetto che mette in relazione i detenuti che decidono di studiare e l’Università ‘La Sapienza’ di Roma. A fare da tramite c’è un gruppo di volontari scelti tra docenti, avvocati, ex magistrati e studenti della scuola forense che si prestano non solo a fare da tutor ma anche per tutti i contatti con gli uffici e le segreterie che chi è in carcere, per ovvi motivi, non può avere”.

C’è comunque da fare un plauso perché è un passo in avanti del diritto allo studio ma fa un po’ sorridere considerando che l’opportunità di laurearsi in carcere le telematiche l’hanno messa in pratica già dall’anno scorso. Nello specifico fu l’UniCusano che nel 2013 diede ad un detenuto di 32 anni di Ceccano la chance di studiare Scienze Politiche. Quel laurearsi in carcere, poi, divenne addirittura un caso perché, a pochi giorni dal conseguimento del titolo, il giudice negò al detenuto la possibilità di andare a discutere la tesi. Intervennero diversi quotidiani, tra cui Il Messaggero e poi, alzato il polverone, la questione si risolvette per il meglio. Da allora laurearsi in carcere si può grazie alle telematiche che inviano i docenti in prigione per far sostenere gli esami e tutto il materiale didattico per studiare.
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