La libertà passa dalla cultura e lo sa bene chi da secoli cerca di tenere ben separate le donne e l’università. Le cose in Italia sono cambiate moltissimo dagli anni sessanta, quando il movimento del femminismo è riuscito a sbloccare tante situazioni gravi. Nel nuovo millennio, però, la tanto decantata parità dei sessi non è ancora stata raggiunta e un’analisi approfondita del rapporto tra donne e università lo dimostra. Se volete capire insieme a noi quale sia lo status quo di questo rapporto tra donne e università e come potrebbe essere scosso, continuate a leggere.
Il fatto che il Ministro dell’Istruzione sia una donna, cioè Maria Chiara Carrozza, dovrebbe far ben sperare su come stia messo il rapporto tra donne e università. Purtroppo è uno specchietto per le allodole perché una recente ricerca sul tema mostra numeri non esattamente confortanti. Se la partenza, infatti, è che sette diplomate su dieci si iscrivono ad un corso di laurea rispetto a poco più della metà dei diplomati maschi, le cose dopo non continuano di questo passo. Il rapporto odierno tra donne e università dice, infatti, anche che su 100 donne iscritte solo 22 raggiungono l’agognato titolo di studio. Nel nostro paese i maschietti se la passano ancora peggio, con 15 dottori su 100 iscritti, ma anche in questo caso è un dato che confonde solo le acque. Il numero che racconta esattamente la situazione del rapporto tra donne e università, invece, è quello legato alle docenti universitarie, e quindi ai veri posti di potere culturale. Le quote rosa sono poco più di un terzo del totale, il 35 per cento, che in assoluto è la percentuale più bassa del pubblico impiego a parte le aziende municipalizzate dei trasporti tipo l’Atac. Perché c’è questo gap tra donne e università? Perché socialmente il gentil sesso è spinto in massa verso i corsi di laurea umanistici (l’80%) autoescludendosi da quelle scientifiche (31%) e soprattutto da ingegneria (21%). Va da sé che, se vogliamo migliorare davvero il rapporto tra donne e università in Italia, si deve spingere su questo punto. Entrano qui in gioco le università telematiche che, per loro natura, si prestano meglio ad essere seguite. Una donna è anche molto spesso mamma e angelo del focolare e quindi ha meno tempo per seguire lezioni in modo tradizionale. La salvezza arriva da realtà come l’UniCusano che ha da poco attivato online la facoltà di Ingegneria con tutte le specializzazioni. Potrebbe ridursi la distanza tra donne e università se il gentil sesso iniziasse a conseguire lauree scientifiche attraverso le piattaforme eLearning fruibili ventiquattro ore su ventiquattro.
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