Privato è bello o, forse, è meglio. Ma se volessimo essere ancora più specifici, statale è peggio. Stiamo parlando di università e, stando a ciò che emerge da uno studio realizzato dall’Osservatorio Giornalistico Mediawatch per l’Istituto Privato Universitario Svizzero – IPUS, il 78% dei neodiplomati, se potesse, si vorrebbe iscrivere presso un ateneo privato e di questi il 65% lo farebbe per le maggiori probabilità di sbocchi professionali immediati, che gli istituti privati garantirebbero, il 21% per la maggiore qualità degli insegnamenti. Il campione analizzato, ben più di 1000 studenti neodiplomati, ha dato risposte chiare e il fatto di ambire ad un ateneo privato è spiegabile in diversi modi: uno di questi è la scarsa fiducia nella capacità delle università statali di preparare al mondo del lavoro. Soltanto il 32% degli intervistati è risultato fiducioso in merito. Le università pubbliche, grande tradizione del nostro Paese, subiscono quindi un forte attacco che parrebbe spostare le preferenze dell’istruzione accademica a favore delle realtà private.

Il panorama nazionale universitario consta di sessantasette pubbliche, ventinove non statali legalmente riconosciute, nove istituti superiori a ordinamento speciale e undici università telematiche. Di queste ultime, ad esempio, si è detto di tutto e di più e le affermazioni fatte in merito non hanno mancato di essere piene zeppe di imprecisioni. La macchina del fango si è attivata con solerzia contro gli atenei telematici, tacciati il più delle volte di essere vere e proprie fabbriche di lauree, ma non si è mai cercato di dare una risposta oggettiva al successo che stanno riscontrando non solo in Italia, ma in tutta Europa e anche oltreoceano. Forse quelli telematici non sono atenei dove laurearsi è facile, magari gli studenti si fidano semplicemente di meno dell’insegnamento tradizionale e trovano nell’erogazione didattica online la soluzione a molti dei loro problemi. Per non parlare degli sbocchi lavorativi e delle opportunità che le telematiche garantiscono: stage all’estero, tirocini in strutture di eccellenza e, soprattutto, la possibilità di abbattere molti dei passaggi burocratici che affossano gli atenei tradizionali.