Il 12 dicembre 2016 è il giorno in cui l’ex Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini lascia il suo Ministero dell’Istruzione perché il nuovo governo Gentiloni ha deciso che non sarà più lei ad occupare questa poltrona. Quel giorno, mentre sta raccogliendo le sue cose da portare via, firma un Decreto Ministeriale definito dalla stampa “ammazza telematiche”. Un decreto senza preavviso, senza confronto con gli addetti ai lavori, emanato a ridosso del Natale.
Un decreto che impone, dal 2017, alle Università Telematiche di aumentare il numero dei docenti in rapporto agli studenti. Secondo il MIUR, per la sostenibilità dell’insegnamento ci vogliono sedici docenti per 150 studenti.
La Radio dell’Università Niccolò Cusano ha affrontato il tema del decreto ammazza telematiche ascoltando i pareri degli addetti ai lavori, di seguito le interviste.
Decreto Ammazza Telematiche: Prof. Pivato a Radio Cusano: “Se aumenti il numero di docenti non è che migliori un’università.”
Stefano Pivato insegna Storia contemporanea all’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, una voce autorevolissima quindi, che ci spiegava già nel suo libro “Al limite della decenza” come l’Università italiana fosse affetta da un profondo baronato: “Il mio libro è ironico, parte da una convinzione: i panni sporchi si lavano in piazza, non in casa. Ho parlato della situazione dell’Università italiana. Io inizio il libro citando una novella di Pirandello, che racconta di un professore della Sapienza crede di tenere la sua lezione di due ore davanti una platea di studenti, ma alla fine si accorge che nessuno l’ascolta. Questa è la situazione dell’Università italiana, che spesso parla ad una platea che non sente, perché non si fa capire. Lo studente ventenne è profondamente cambiato nell’ultimo ventennio, il professore invece non è cambiato per niente, continua a vivere nella sua torre d’avorio. E’ una categoria estremamente privilegiata, credo sia l’unica che non timbra il cartellino, vige l’autocertificazione. 350 ore annue sono pochissime, anche perchè comprendono tutte le attività, non solo le lezioni per cui impiegano massimo 120 ore l’anno. Questo significa che il docente impiega in altro modo il suo tempo, magari per fare consulenze. Per molti l’università è solo un biglietto da visita per arricchire il proprio prestigio personale. Il docente universitario non accetta di fare un corso di aggiornamento”. (…) “Se aumenti il numero di docenti non è che migliori un’università.”
Sul Decreto Ammazza Telematiche, Radio Cusano Campus ha intervistato un altro personaggio importante tra gli addetti ai lavori, Sergio Luciano, giornalista di Panorama. Ecco cosa ha detto sul tema: “Probabilmente il ministro Giannini ha firmato qualcosa che era già stato preparato, non si è trovato il padre o la madre di questa istanza. Sono convinto che il padre è plurimo, c’è una cooperativa dietro: il mondo della baronia universitaria classica. Anziché capire dove sta andando il mondo, con evoluzioni, questa baronia si è arroccata per difendere la casta stessa in quanto casta, finché ce n’è, sostenuta anche da qualche elemento non brillante del nostro settore. Loro hanno paura di un big bang che tagli fuori i filtri rischiosi per cui un docente può arrivare in alto. C’è una forza di democratizzazione nelle telematiche che è altissima. Questa cosa significa aumentare la platea democratica di chi può acquisire cultura e formazione e quindi aumentare il numero di docenti che possono arrivare ad una cattedra. Per questo fa paura ai baroni. Poi c’è il fatto che a certe persone, a una certa età, l’idea che una formazione a distanza, questo sforzo di adattamento ed evoluzione non piace, perché evolversi dopo 30 anni di carriera è una rottura di scatole. Non sono in grado di recuperare il terreno che hanno perso e quindi vogliono bloccare chi è già partito verso il futuro”.
Vedremo come si evolverà la situazione. Se volete ulteriori informazioni sul Decreto Ammazza Telematiche e i pareri dagli Addetti ai Lavori, continuate a seguirci sul nostro blog e scriveteci tramite la pagina dedicata.